Un musicista dall’alto livello di figaggine: elogio a John Taylor e al suo impeccabile stile

di Federico Traversa

Ieri sera dopo cena, io e mia moglie siamo finiti a cantare a squarciagola Wild Boys dei Duran Duran, una performance a cappella di quasi dieci minuti per la gioia dei nostri figli, Leonardo e Alessandro, che ballavano come matti divertendosi alla grande.

Perché mai è successo? Colpa di Maurizio Becker, capo redattore di Classic Rock Italia, che sul suo profilo facebook ha postato una foto di qualche anno fa dei Duran Duran in barca a Venezia.

Cristo, John è sempre un figo, ho detto io.

Io preferivo di gran lunga Le Bon, ha replicato mia moglie che – come avrete certamente intuito vedendo chi ha sposato – di uomini capisce poco e male.

A quel punto mi sono inalberato: stavamo parlando del bassista dei Duran Duran, indiscutibilmente il musicista più bello, stiloso e cool degli anni Ottanta e probabilmente anche dopo, almeno fino all’arrivo di Chris Cornell.

Non ho detto il più bravo, quindi non scaldatevi.

Sì lo so, allora le ragazze scrivevano libri su come riuscire a sposare Simon Le Bon, si strappavano i capelli per George Michael e Nick Kamen, per non parlare degli sbalzi ormonali nel vedere l’immenso Nikki Sixx a torso nudo suonare il suo basso opuure Bret Michaels dei Poison intonare quella specie di metal appiccicoso come un big bubble. Per non parlare di Morten Harket degli Ha-ha, che sussurrava di “prenderlo” nella celebre Take on Me, e non dimentichiamo gli occhi languidi e i riccioli biondi di Joey Tempest degli Europe. Tutto vero, niente da dire. Ma figo tout court come John Taylor non lo è mai stato nessuno. Lui, i suoi capelli scalati col ciuffo, lo spolverino aperto, la camicia sbottonata, lo sguardo torvo, il basso imbracciato con assoluta naturalezza.

Lo amavamo anche noi maschi etero, perché da uno come John c’era solo da imparare. Per come vestiva, per come camminava, per le donne bellissime a cui si accompagnava, a partire dalla super top model Renee Simonsen fino alla biondissima Patsy Kensit, senza considerare la lunga serie di altre bellissime fanciulle.

Musicalmente, per quanto i Duran Duran non fossero esattamente dei fulmini di guerra – seppure il tempo li abbia poi parzialmente rivalutati – lui se la cavava più che bene. Assai ispirato da un punto di vista compositivo, oltre agli album con i DD e i Power Station, restano una manciata di dischi solisti, di cui alcuni davvero pregevoli, a testimoniarlo.

John è sempre stato una sicurezza anche sul palco, e se non ci credete andate a sentire come pestava “live” quando militava nei Neurotic Outsiders, il super gruppo targato anni Novanta messo su con Duff McKagan, Matt Sorum e Steve Jones.

Infine, sorpresa delle sorprese, bravo persino con la penna. Il suo libro – In ThePleasure Groove – non sarà la miglior autobiografia del mondo per quel che riguarda i contenuti ma è certamente notevole per lo stile con cui è stata scritta, e pare che il nostro ci abbia messo molto del suo.

Super cool anche quando, qualche mese fa, ha annunciato via social di aver sconfitto il Covid, consigliando a tutti di non prendere il virus sottogamba e fare attenzione.

Oggi, quel ragazzo nato a Birmingham il 20 giugno del 1960, ha superato la boa dei sessant’anni, da tempo vive in California con la moglie di lunga data, la stilista Vela Nash, è tornato da qualche anno con i Duran Duran e se la gode alla grandissima. L’ultimo disco della band – Paper Gods uscito nel 2015 – è stato un successo quasi inatteso, con show sold out in tutto il mondo.

Inutile aggiungere che Mr Taylor è sempre un gran figo, come al solito.

Questo, più o meno, stavo spiegando a mia moglie ieri sera ma lei mi ha fatto la linguaccia.

Se vuoi vedere uno davvero insuperabile vatti a cercare le foto d’epoca del cantante dei Bauhaus, non c’è paragone.

A quel punto – fermo restando il mio assoluto rispetto nei confronti di Peter Murphy – ho aperto la finestra per far uscire la castroneria vomitata dalla splendida donna che mi ha reso due volte padre e, come posseduto dallo spirito vendicativo del Telegattone, ho intonato Wild Boys, prima sottovoce e poi a squarciagola, con tutto il fiato che avevo in corpo.

Preso in contropiede dalla raffinata bellezza del mio groove, lei mi è venuta dietro.

E a ruota i bambini. Mancava solo Maurizio Seimandi ad annunciare Superclassifica Show e si era tornati all’anno di grazia 1984.

E niente, amici, in questo difficilissimo e assai bastardo 2020, nella mia disfunzionale famiglia succede anche questo.