La libertà in tempi di Covid di Federico Traversa

Non ci sentiamo da un po’, amici, e mi dispiace tanto. La vita negli ultimi mesi mi ha picchiato parecchio, tra la scomparsa del mio adorato fratello e il ricovero in ospedale di mio padre per una duplice rottura di femore, più altre varie ed eventuali, non ho avuto molto tempo per scrivere. Però ho vissuto e mi sono emozionato tanto, nel bene come nel male, e questo alla scrittura fa sempre un gran bene.

Ormai abbiamo superato ferragosto ma mio padre é sempre in ospedale, per la precisione sta facendo riabilitazione in una RSA; negli ultimi 2 mesi mi é stato permesso di vederlo una volta, bardato come uno che fa le pulizie dentro i reattori di Chernobyl, e per non più di 5 minuti.

Colpa del Covid, come al solito. Ci sono stati dei casi nel paese dove é situata la struttura e per precauzione hanno blindato tutto, a partire proprio dalle visite dei parenti; e lo posso capire, visti i trascorsi della malattia nei centri per anziani.

La cosa che invece capisco meno è il nostro comportamento di quest’estate, e lo dico senza polemica ma con un po’ di amarezza. E nemmeno voglio giudicare, sia chiaro, Dio mi scampi dal diventare come quei fenomeni che pontificano su tutto. Mi fa solo male constatare per l’ennesima volta il menefreghismo galoppante che attanaglia la nostra società, stringendola per il collo fino a soffocare quei sentimenti belli che rispondono al nome di altruismo ed empatia. Mi spiego meglio.

Dopo un lockdown che è costato lacrime e sangue, dopo tanti morti e altrettanto dolore, dopo tante rinunce e sacrifici della scorsa primavera, la situazione nel nostro paese stava migliorando e noi, invece di goderci l’insperata estate continuando a fare attenzione – che non vuol dire tutti a casa ma uscire, lavorare, divertirsi e vivere con prudenza – abbiamo azzerato gli ultimi mesi e ripreso a fare festa come se nulla fosse, addirittura volando in vacanza in quei paesi ancora tenuti in scacco dalla pandemia e collaborando a riportare prepotentemente il virus nel nostro paese. È anche i molti rimasti qui in Italia, mascherina al collo tipo sciarpa e serate affollate a ballare appiccicati, di buon senso ne hanno avuto poco.

Ma capiamoci subito: non si diceva di stare chiusi a casa, si chiedeva solo un po’ di attenzione.

Ma noi niente, carnevale di Rio, mojito, apericena, unz unz e happy barbecue. E se salgono i contagi tanto si può sempre dare la colpa a 4 poveri cristi di migranti col covid, d’altronde in Italia li abbiamo sempre usati per quello, come il povero Malausséne di Pennac che veniva pagato per assumersi colpe non sue ed essere insultato dai clienti.

Ok, sorvoliamo e torniamo all’italiano duro e puro che “fanculo il governo io faccio come voglio”.

Ora, se spostamenti all’estero per lavoro o motivi famigliari importanti sono comprensibili, quelli per portare il proprio culo in vacanza non li capisco. Ma se per un’estate ce ne stavamo in Italia cascava il mondo?

E se, rimasti in Italia, ci facevamo vacanze un filo più sobrie evitando di ululare alla luna in mezzo a centinaia di corpi sudati pieni di sangria, era così orribile?

O forse i migliaia di italiani in vacanza sono tutti negazionisti, cioé quelli che dicono che il virus non esiste ed è tutto un imbroglio, di chi non si sa, da Bill Gates ai cinesi passando per Big Pharma ed Apple sono tutti sospettati. Quelli che “la mascherina non la metto, io non voglio museruole, guai a chi tocca la mia libertà”, come se mettersi una mascherina per entrare in posta o al supermercato sia un attentato alla democrazia e non un ottimo suggerimento per proteggere se stessi e gli altri da un virus che, ad oggi, ha ucciso circa 750mila persone.

Certo, può essere che tali morti siano un pochino gonfiate e ci siano finite dentro anche persone decedute per altre patologie e contemporaneamente positive al covid. E allora? Facciamo finta che siano anche, e sto esagerando nel toglierne dal conto, un terzo dei deceduti. Parliamo comunque di 500 mila morti. Ce la fate a immaginare 500mila famiglie distrutte dal dolore?

Ve l’ho detto, ho perso un fratello da poco più di un mese ed è stato come se ci avessero, mi avessero, spellato il cuore da vivo. Immaginare altre 500 mila persone costrette a provare un dolore del genere mi atterrisce, darei tutto per poter risparmiare anche a solo una famiglia quello che ha provato la mia.

Ecco, a fronte di questo mostruoso numero di morti, direi che possiamo mettercela una cazzo di mascherina senza per forza sentirci defraudati della nostra libertà, non credete?

E poi, mi chiedo, ma questa grande libertà con cui tutti ci sciacquiamo la bocca, alla fine che cos’é? Di cosa si tratta? Siamo sicuri di conoscerla? Personalmente cosa esattamente sia, dove inizi o dove finisca non lo so proprio, ma sono certo c’entri davvero poco col mettere o non mettere una mascherina, oppure giudiziosamente scegliere di rimandare una vacanza perché siamo sotto pandemia.

Sospetto inoltre che la vera libertà abiti non fuori ma dentro di noi, e non si raggiunga facendo egoisticamente quello che ci pare ma accettando, comprendendo e ravvivando il nostro sé più profondo. Quando dentro siamo in pace e consapevoli, naturalmente e automaticamente sceglieremo il meglio per noi e per gli altri, camminando inevitabilmente verso il benessere e la libertà.

Quando stai bene con te stesso stai bene con tutti.

È questa la vera libertà.

Tutto il resto é solo rumore di catene che sbattono sulle sbarre…

Buona estate a tutti, amici.

La medium, gli aerei vuoti, Maccio Capatonda e il covid-19: Cronache dal mondo del coronavirus di Federico Traversa

In tempi di emergenze, la sostanza degli esseri umani viene fuori in tutta la sua spontaneità. Quando c’é di mezzo la pellaccia le maschere si staccano dai volti, spinte verso terra dall’agitazione, e quello che siamo si svela senza filtri né censure.

Da una decina di giorni ormai, il Coronavirus ha svelato con una virulenta alitata alcune tipologie di persone e schemi di comportamento del nostro amato popolo italiano. 

Ci sono i responsabili, gente che, per dire, segue le direttive del governo ed esce poco di casa, evita i posti affollati, si lava spesso le mani ed ha eliminato i contatti ravvicinati con il prossimo. E se per caso sospetta di essere entrato in contatto col virus si barrica in casa per timore di contagiare qualcuno. I responsabili usano i social con moderazione, condividono solo le interviste dei virologi meno estremisti e nascondono la paura con un certo aplomb.

C’é chi, invece, fa l’esatto opposto e all’urlo di “ma che me ne fotte a me” si trasforma nello straordinario Maccio Capatonda di Italiano Medio. E allora esce, va in mezzo al casino, ti parla a due centimetri dalla faccia, si lava le mani solo quando piove, appoggia le labbra sui tavolini dei bar per misurare la temperatura della plastica e, se deve starnutire, prende la rincorsa, mani dietro la schiena e via. Tanto “che me ne fotte a me” . E se per caso gli tocca la quarantena? “Minchia, tutti a sciare che tanto è solo un’influenza!”.

Ci sono gli anziani terrorizzati che pregano che qualcuno gli faccia la spesa e non usciranno fino a ferragosto, e quelli arzilli e combattivi stile Space Cowboys che invece fanno tutto e anche di più perché, se son sopravvissuti all’asiatica, “a me chi m’ammazza”. 

Ci sono i ragazzini che limonano tutto il giorno e quelli che non limonano più. 

Quelli che “tanto é tutto un complotto ne fan morire ancora un po’ e poi esce il vaccino che già c’é, lo tengono lì per guadagnarci di più”. 

Quelli che “tanto muoiono solo i vecchi e i malati”, e quelli che invece no, “é un virus terribile e ci fotterà tutti”. 

Quelli che pregano e quelli che bestemmiano. Quelli che hanno paura e quelli che ‘m’porta sega’.

I virologi della domenica e i direttori sanitari del lunedì.

Fosse vivo Rino Gaetano riscriverebbe il ritornello della sua hit: “Ma il coronavirus ci rende tutti più blu”

Oggi per la strada ho visto scene surreali, una mescola di atteggiamenti diversi che stridevano come uno che indossa il cappotto con bermuda e infradito. Mi spiego meglio: vado dal medico curante per farmi scrivere le medicine di mia mamma e c’é un cartello con scritto che per via del Covid-19 il dottore riceverà solo su appuntamento. Le scuole intanto sono tutte chiuse, mio figlio il grande non va all’asilo da un bel po’. Camminando becco due con la mascherina sulla faccia, insomma tutti segnali di una severa emergenza. Poi giro in un vicolo ed ecco una ludoteca. Aperta, con bambini che saltano e ballano tutti insieme al chiuso.

Altri dieci metri ed ecco gente ammassata al bancone di un bar, altro che un metro di distanza, nemmeno 20 cm. Per non parlare di un gruppo di rubicondi anziani che, davanti a vino e focaccia, si sfidano in una briscolata all’urlo di “in culo agli dei”

Però la farmacia di fronte chiede ai clienti di entrare massimo due alla volta e ha finito disinfettante per le mani e mascherine.

Leggo poi che molti cantanti stanno continuando a fare i firmacopie dei loro cd nelle varie Feltrinelli o Mondadori che sia.

Ma che cazzo sta succedendo? 

È un film di Fantozzi o una puntata di C.S.I.?

La Peste di Camus o Il Medico della mutua?

Noi italiani siamo incredibili, nel bene o nel male, e lo saremo sempre.

Ma anche nel resto d’Europa non vedo aquile. Ecco, a proposito di voli, su Whats App ricevo un link a un articolo parecchio inquietante: le compagnie aeree stanno consumando migliaia di litri di carburante per far volare aerei vuoti! Il motivo? Nascosto dentro le logiche economiche del nostro pazzo mondo, quelle che ci stanno facendo fracassare contro un muro. Le norme europee in vigore prevedono per le compagnie aeree che operano fuori dal continente di continuare a gestire l’80% delle rotte di volo a loro assegnate, altrimenti devono cederle ad altre, il che vuol dire che non si possono lasciare gli aerei fermi a terra ma vanno fatti volare anche se sono vuoti. Lo so, lo so, piccola Greta, fa più male a me che a te, ma questo è quanto.

Tornato a casa la mazzata finale me la da un amico su facebook che mi spedisce lo screenshot di una pagina del libro di tal Sylvia Browne, professione medium, ma di classe.

Nel suo “End of the Days” (in Italia è uscito col più rassicurante titolo “Profezie”), datato 2008, la Browne scrive: “Entro il 2020 diventerà prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma a causa di un’epidemia di una grave malattia simile alla polmonite che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e sarà refrattaria a ogni tipo di cura. Tale patologia sarà particolarmente sconcertante perché dopo aver provocato un inverno di panico assoluto sembrerà scomparire per altri dieci anni, rendendo ancor più difficile comprendere la sua causa e la sua cura”. 

E con la profezia della medium per oggi chiudo le trasmissioni; spero di superare i prossimi due mesi e di rivedervi tutti al mare.

Un bagno a maggio, quest’anno, é doveroso.