“Ci Manda Manu Chao” – Quella volta che con Tonino Carotone incontrammo Don Gallo

di Federico Traversa

Un notte di tantissimi anni fa, mentre io e Tonino ci stavamo bevendo Barcellona e tutti i suoi fantasmi, incontrammo Manu Chao e, a dire il vero, un sacco di altra gente. Eravamo tutti stipati in un baretto vagabondo del barrio gotico, il Mariachi. Santi e peccatori, artisti e spacciatori, risate e rimpianti galleggiavano insieme, protetti da quelle quattro mura che odoravano di vino, tabacco e venere. E dove si suonava una musica strepitosa. Erano gli ultimi anni di quella mescola di suoni e generi frettolosamente definita patchanka, con gente tipo Sergent Garcia, Amparanoia, Macaco, Gogol Bordello, Bandabardò (sempre nel cuore Erriquez, grazie del ballo, già manchi da morire) e tanti altri a incendiare la notte con suoni contaminati che odoravano di tutte le diversità del mondo. Un’ultima grande stagione creativa prima che la musica si accartocciasse su stessa, appiattendosi fino a far scomparire tutte le sue meravigliose sfumature per diventare qualcosa di piatto, da ascoltare distrattamente sulle casse marce di un cellulare grande come una tavoletta di cioccolato.

Ma torniamo a visualizzare quella notte. Eravamo al Mariachi, proprio nel cuore pulsante del barrio chino, e la prima cosa che mi chiese Manu appena venne a sapere che ero di Genova, fu se conoscessi Don Gallo. Certo, di fama lo conoscevo eccome, nella sua comunità erano transitate tante anime tormentate con cui avevo intrecciato pezzettini di destino, ma personalmente non l’avevo mai incontrato.

Il desaparecido, stretto nella sua camicia a quadri, i capelli scombinati che spuntavano da un berrettino verde militare, mi consigliò di rimediare al più presto perché, parole sue, “fare due chiacchiere con Andrea te pone los pelos de punta”. Questo disse, o qualcosa del genere.

A quel punto anche Tonino, che da sempre si definiva un “antivaticanista convinto”, manifestò la voglia di conoscere questo strano prete che al Padre Nostro accompagnava i canti partigiani e più che il rosario amava recitare gli articoli della costituzione; sempre in mezzo a quei figli di un cane che non avevano niente, sempre in giro in quei quartieri dove la luce del buon Dio non arrivava con i suoi raggi. E per quanto riguarda quella notte, è più o meno tutto.

Passarono i mesi. Con Tonino finimmo di scrivere Il Maestro dell’Ora Brava, il nostro delirantediario di peccati, viaggi e risate sparse come sale sulle ferite delle tante notti trascorse insieme fra l’Italia e la Spagna. Quel libro ottenne una buona quanto inaspettata visibilità nazionale. Uscirono articoli sui principali quotidiani, venimmo invitati da Fabio Volo a MTV, e la rivista Rolling Stones ci dedicò un bel paginone definendo il libro una sorta di “confessione laica”. Mediaticamente fu davvero un bel colpo, eppure allora il libro non vendette tantissimo e in breve tempo sparì dagli scaffali delle librerie; poi con il tempo si è rivalutato e oggi, un po’ a sorpresa, non solo è andato esaurito ma è diventato quasi una lettura di culto per la generazione SDC (sta per “scappati di casa”, lo specifico per chi non è pronto). Su ebay l’ho visto vendere a prezzi assurdi e un paio di ragazzi ai concerti ne portarono una versione fotocopiata per farsela firmare! Queste sì che son soddisfazioni!

Con Tonino nacque un’amicizia speciale e quando lo portai dalle mie parti, in mezzo ai miei disperati, lui – ragazzo di strada di Pamplona – si sentì talmente a suo agio che Genova diventò la sua seconda casa. Cominciò a fermarsi spesso da me e, un giorno in cui avevamo un po’ più tempo del solito, decidemmo di andare a conoscere Don Gallo.

Andrea aveva da poco pubblicato Angelicamente Anarchico, un libro che aveva ottenuto un successo pazzesco. La storia di questo prete di strada e dei suoi disgraziati stava toccando il cuore di migliaia di persone.

Così chiamai la Comunità, mi presentai e poi dissi che Tonino Carotone, grande amico di Manu Chao, era in città e desiderava incontrare Don Andrea Gallo. Risposero che gli amici di Manu erano anche amici loro e che saremmo potuti passare quando volevamo. Così, verso sera, partimmo alla volta della Comunità San Benedetto, dieci minuti d’auto da casa mia. Eravamo io, Tonino e Piluca, la sua compagna nonché cantante dall’ugola morbida come un petalo di rosa. Donna incredibile, di un’umanità di altri tempo, alta, altissima. In tutti i sensi. Scalza misura circa un metro e ottanta. Con i tacchi sfiora il metro e novanta. Con Tonino che arriva a malapena al metro e settanta… insieme sono buffissimi.

Appena entrammo nell’ufficio e il Gallo vide Piluca, tuonò con la sua voce arrochita dall’immancabile toscano che stringeva fra le labbra: “Ma cos’è questo ben di dio?”.

Scoppiammo tutti a ridere, il ghiaccio si era rotto nel tempo dell’attacco di una rumba.

Chiese a due ragazzi della Comunità di andare a prendere delle birre e brindò al nostro arrivo. Spuntò anche una bottiglia di grappa barricata, se non ricordo male.

Dire che quell’incontro è stato uno dei momenti più importanti della mia vita non è un’esagerazione.

Andrea cominciò a raccontarci aneddoti, storie mitiche, barzellette e segreti, alternando momenti di profondità ad altri di leggerezza assoluta. Non ci voleva un genio per capire quanta straordinaria umanità e gentilezza abitassero quel corpo minuto, stretto in un maglione blu scuro.

Il Gallo non era soltanto un prete di strada che si prodigava per dare ai ragazzi la possibilità di vivere un’esistenza migliore ma anche un uomo di una cultura, un’intelligenza, un’arguzia e un’apertura mentale che probabilmente non avrei raggiunto nemmeno vivendo altri cento anni.

Stordito da mille sensazioni, mi fermai a pensare a quanto mi avrebbe arricchito collaborare con una persona del genere, assorbendo come una spugna tutte le cose che aveva da raccontare.

Già con Tonino avevo cominciato a parlare di certe cose, impegnandomi nella testimonianza di storie legate all’impegno sociale, alla spiritualità e a una visione del mondo il più possibile libera dai dogmi.

Con Don Gallo avrei potuto proseguire questo nuovo percorso affrontando quelle tematiche che sentivo vicine. Tematiche raccontate dalla voce di chi aveva vissuto e conosceva un miliardo di cose più del sottoscritto. A quel punto, dandogli del tu come mi aveva ordinato, gli domandai se fosse sotto contratto con qualcuno, perché mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Rispose che collaborava con chi capitava, l’importante era far passare quello che aveva da dire e magari riuscire a portare due soldi alla Comunità, che era sempre in rosso.

Gli spiegai allora che anche io avevo un progetto editoriale, tanto entusiasmo e altrettanta voglia di scrivere. L’unica cosa che mi mancava erano i soldi ma ormai ci avevo fatto l’abitudine, ridotto i bisogni al minimo e imparato a vivere con poco. E mal che andasse avevo ancora due reni perfettamente funzionanti che certamente avevano un buon valore di mercato!

Rise come un pazzo. Poi si fece raccontare di nuovo la mia storia, chiamò il suo assistente e gli disse: “Ma ti rendi conto, Marco? Questo ragazzo faceva il commesso in un negozio di scarpe e si è licenziato perché ama la letteratura e vuole fare i libri. E non è figlio di un industriale o di un professore ma di un ferroviere! Ma come si fa a non dargli una mano?”.

Mi suggerì di richiamare in Comunità qualche giorno più tardi per fissare un appuntamento, così avremmo potuto iniziare a lavorare.

Uscii da lì che ero contento come poche volte in vita mia.

Poco cristianamente io e Tonino ci ubriacammo per festeggiare.

Tonino in realtà non aveva niente da festeggiare, si ubriacò per supporto.

E per questo ancora lo ringrazio.

CARO DON TI SCRIVO: LETTERA A DON GALLO

di Federico Traversa

Caro Don

stasera ho proprio bisogno di scriverti perché… perché qui è un gran casino…

Te ne sei andato sette anni fa, in un momento in cui il mondo era già un gran bel compendio di problemini e problemoni, ma oggi, credimi, siamo su altri livelli. Un tale cinema…

Ti racconto tutto perché credo, anzi ne sono sicuro, che dove sei adesso certe cose non ti tocchino più di tanto e tu possa fartele scivolare addosso come in vita non sei mai stato capace di fare. E meno male, perché è stato grazie a quella rabbia, a quegli “sciuppon de futta” (come li chiamavi tu) se ti sei speso per combattere le ingiustizie e aiutare tutti quelli che ne hanno avuto bisogno.

Ma oggi, oggi che ti sei ormai da tempo sciolto in una nuvola di pace, spero di non buttarti troppo giù se ti dico, per cominciare, che in Italia la Lega è il primo partito e Salvini – sì quello mezzo “abelinato” con la felpa che cantava “Vesuvio lavali col fuoco” – fa comizi in tutto il sud applaudito come un messia.

E non è finita, Don. Al governo c’è il partito di Beppe Grillo, che però non si fa vedere più tanto in giro, insieme al Pd, che ora è guidato dal fratello dell’attore che interpreta il commissario Montalbano. E lo so, sembra una fiction Rai e invece…

Ma aspetta Gallo, questo è niente: per 4 anni il Presidente degli Stati Uniti è stato Donald Trump! Sì, il miliardario con la testa arancione, che ora però ha perso le elezioni anche se dice che non è vero.

Tornando alla nostra Genova, devi sapere che due anni fa è crollato il Ponte Morandi, una tragedia enorme che ha distrutto tante famiglie e coinvolto anche la tua Comunità San Benedetto, che sotto il ponte aveva la sua Fabbrica del Riciclo.

Ma siamo solo all’antipasto, Don! Belin c’é la pandemia. Sì. Ho detto PANDEMIA!

Un virus mortale è arrivato a inizio anno dalla Cina e, ad oggi, ha fatto più di un milione di morti. Ci siamo tutti dovuti chiudere in casa da marzo a maggio e ora di nuovo. Ho una fifa, Andrea… sai, sono papà di due bimbi piccoli adesso e ho due genitori anziani non autosufficienti, sento tutta la responsabilità del momento addosso. Ovviamente di mio fratello sai tutto, spero solo che ora che è lassù ogni tanto tu possa dargli un occhiata, è un ragazzo buono e incasinato, di quelli che piacciono a te. Sono certo lo farai.

Comunque ti stavo dicendo del virus, Covid 19 si chiama. Un vero disastro, qui in Liguria poi i guai sono stati doppi. Sai, da quattro anni ci governa uno strano personaggio che si chiama Giovanni Toti, un signore veramente, ehm, diciamo particolare. Da quando è iniziata la pandemia lui dice che qui da noi è tutto sotto controllo, di stare tranquilli, ma in tanti sostengono che le sue sono “musse” belle e buone, perché i Pronto Soccorso sono al collasso, i medici e gli infermieri fanno più ore dell’orologio e la gente soffre le pene dell’inferno per farsi un semplice tampone. Qualche settimana fa questo Toti ha persino pubblicato un post sugli anziani che ha fatto il giro del mondo. Una belinata sul fatto che non sono indispensabili alla sforzo economico del paese messa giù con una tale mancanza di empatia che lo hanno preso per il culo anche in Groenlandia. Vabbé magari non fino a lì ma hai capito. Ci abbiamo provato col tuo amico Ferruccio Sansa a toglierlo da lì, si era candidato persino il nostro Flavio Gaggero, ma lo sai che a noi liguri piace soffrire. Così ha vinto le elezioni e ora legittimamente governa. E lo so… lo so….

Vabbé dai, passiamo oltre che non ti voglio intristire troppo.

C’è anche qualche bella notizia.

In questo marasma quel meraviglioso cavallo matto del Gino Strada ha accettato di andare a dare una mano alla sanità calabrese! Se non altro finalmente avremo qualcuno a cui veramente frega qualcosa delle persone.

E poi ci sono gli amici, ciascuno perso a “rincorrere i suoi guai” come cantava Vasco. Franco sta bene, qualche anno fa ha portato il nostro libro persino a Cuba, non oso immaginare cosa abbia combinato nella terra del rum. Megu finalmente è dimagrito, Andrea ti giuro sembra un figurino, ed è sempre a lottare insieme a tutti gli altri di Sambe. Pensa, la Lilli é addirittura su facebook mentre Viviana è diventata una sindacalista che si sbatte per tutti. Claudio Agostoni di Radio Popolare non manca mai di ricordarti nei suoi programmi e come lui Manu Chao e Tonino Carotone nelle loro canzoni.

Ecco, vorrei chiudere questa lettera con bei ricordi anche se… ehm… Ma come faccio a non dirti certe cose? Come posso tacere il fatto che Renzi, all’urlo di “Enrico vai sereno” ha fatto un nuovo partito? E l’ha chiamato Italia Viva. Te lo giuro, Andrea, è questo il nome che ha scelto. E già che a te non era mai piaciuto…

Ma c’è di peggio, amico mio. Lo sai in questo momento di confusione, paura e incertezza chi sta facendo da paciere tra le varie forze politiche? Chi ne sta uscendo meglio di tutti, con parole spese con misura e complimenti persino a Fabio Fazio? Sì, Andrea, lui, sempre lui e ancora lui. SILVIO. Ma lo sai che ha pure sconfitto il Covid? Dicono che ora punti al Quirinale. Sento dall’improvvisa folata di vento che mi ha fatto cadere il vaso grosso in terrazzo che questa l’hai accusata anche da lassù…

Che altro dirti, Don? Vorrei consolarti con le imprese del nostro amato Genoa ma anche qui, meglio soprassedere.

Che poi, chissenefrega.

Non ci si vede, non ci si tocca, non ci si abbraccia, tutti in giro con la mascherina, la vita pare cosi sterile e fredda che alla fine quasi ci dimentichiamo per cosa stiamo combattendo.

Andrea mi manchi!

Ci manchi!

Continuo a scrivere, i miei lettori crescono, mi chiedono consigli perché credono che siccome ti sono stato vicino forse posso aiutarli a fare un po’ di chiarezza nelle loro vite. Mi sono messo persino a studiare seriamente il buddhismo e a meditare per capire più cose possibili e parlare con un minimo di senso. Eppure più la mia consapevolezza cresce più mi sento piccolo. Più leggo e capisco maggiore è la forza con cui le tue parole mi risuonano in testa: “Nessuno si libera da solo, ci si libera tutti insieme” .

Ciao Don, ti voglio tanto tanto bene. Ora metto su un pezzo di De André o di Manu, mi bevo un bicchiere di vino e poi chiuderò gli occhi.

Ho bisogno di abbracciare forte il tuo ricordo.

Quella volta che Manu Chao attraversò la terra dei narcos suonando gratis per i poveri del far west del mondo

di Federico Traversa

In un mondo della musica dove sempre più spesso si è costretti a scendere a compromessi in nome del mantenimento del proprio seguito, ogni tanto sopravvive qualche artista davvero libero, con una mente aperta, degli ideali autentici, una coscienza limpida, e che delle regole non scritte dello showbiz se ne frega bellamente. E se quell’artista è vero, sincero e ispirato, alla fine è probabile che l’abbia vinta lui. Lo so, lo so, quelli così si contano sulle dita di una mano, eppure ci sono. Esistono e se desideri amarli, prima o poi la loro musica ti troverà.

Uno di questi è sicuramente Manu Chao, e lo è oltre ogni ragionevole dubbio. Parliamo di un tipo incredibile, incredibile sul serio. Nato in Francia da genitori spagnoli, nelle sue vene scorre sangue basco e galiziano. Con la Mano Negra, il gruppo con cui ha ottenuto un importante successo internazionale, mescolava influenze di ogni tipo, spaziando fra caleidoscopi di culture diverse.

Successivamente ha intrapreso una carriera solista, libera e splendente, che per un periodo lo ha fatto assurgere a paladino del movimento no global e delle istanze di tutti i popoli terzomondisti. Quando si è reso conto che qualcuno ne stava strumentalizzando intenti e visione, ha deciso semplicemente di sparire, non parlare più molto con la stampa, registrare sempre meno dischi e viaggiare per il mondo, alla ricerca di progetti che potessero di nuovo accendergli l’anima. Tipo La Colifata. Come dimenticare quel disco? Un album che Manu ha registrato con i pazienti di un centro di malattie mentali di Buenos Aires per finanziare la struttura e l’omonima radio gestita dai pazienti.

Mr Chao è uno che non mai fermo, perennemente in viaggio, gli occhi spalancati nel tentativo di capire cosa succede in giro.

A Barcellona è facile incontrarlo al bar Mariachi, un piccolo locale del Barrio Chino dove fanno un idromele buonissimo. O al Bahia, in quella che i barcellonesi chiamano “la Plaza dei Tripi” a bere Horuco in compagnia di una cricca multietnica di artisti, perditempo, geni e sregolati. Ci ho fatto qualche serata anche io col mio amico Tonino Carotone e se te le ricordi vuol dire che non c’eri.

Manu è un tipo difficile da spiegare, uno che non afferri facilmente, tant’è che ha volte viene frainteso.

Don Gallo lo adorava. Durante il G8 mentre Manu era a Genova per un concerto volle incontrare diverse realtà locali per cercare di far qualcosa di attivo durante la manifestazione. Il Don propose di dare vita a punti di ristoro in giro per la città che dessero da mangiare e da bere ai manifestanti. Suggerì di chiamarlo Bar Clandestino. A Manu brillarono gli occhi e disse al Gallo di procedere, che l’avrebbe aiutato. Andrea e la Comunità di San Benedetto al Porto si diedero da fare e nei tre giorni del G8 non so quante tonnellate di pane e litri d’acqua andarono via.

Due giorni dopo un tipo dalla faccia stralunata passò dalla Comunità, chiedendo di incontrare Don Gallo.

Mi manda Manu” disse, prima di mettere nelle mani del Don un assegno di quasi trenta milioni delle vecchie lire.

Un’altra volta Manu passò da Genova e venne alla “Lanterna”, il ristorante della Comunità San Benedetto, un posto rustico dove ti può capitare di mangiare gomito a gomito tanto con Vasco Rossi che con un tossico che ha appena intrapreso il suo lungo percorso di recupero. Solo che di domenica il locale è chiuso. Allora cosa fece, Manu? Lasciò a Don Gallo una rosa bellissima e un biglietto. Quella rosa gliel’avevano donata i detenuti del Carcere di Volterra per cui aveva fatto un concerto gratuito, senza clamore, senza allertare i media. In silenzio.

È sempre stata questa la sintesi della sua missione: dare voce a chi non ce l’ha.

Oppure mi viene in mente quando venne in Italia a presentare Clandestino e, mentre tutti lo aspettavano al Leonacavalo, se ne andò con la sua banda a suonare in Piazza Duomo davanti a venti extracomunitari.

Ce ne sarebbero mille di aneddoti su Manu, tanti me li ha raccontati Tonino Carotone, che con il clandestino ha un rapporto fraterno. Tanti altri Pacorro, un tipo incredibile di quasi sessant’anni che vive a Barcellona e ha fatto il road manager persino per Joe Strummer.

Ma quello che vi ho raccontato fino ad adesso, andando un po’ a braccio e ripescando da alcune delle notti più emozionanti della mia vita, sono poco più che dettagli, bazzecole.

È stato nel 1993, quando ancora militava nella Mano Negra ed era all’apice del successo con la vulcanica band meticcia da lui fondata, che realizzò qualcosa di incredibile, una storia senza precedenti nel mondo del rock. E lo dico senza timore di essere smentito.

Forse per espiare a uno strano senso di colpa per avercela fatta con la musica, certamente per rompere la monotonia dell’eterna abitudine studio-album-promozione-tour, sicuramente per un senso di genetica empatia verso la gente che possiede poco o nulla, fatto sta che Manu si gettò in un progetto apparentemente da manicomio.

In Colombia, allora, esistono solo 3200 km di binari ferroviari, e la metà risulta inutilizzata; Manu ha un rapporto profondo con il popolo sudamericano, e con quel paese in particolare. Così una bizzarra idea inizia a prendere forma: ridare vita all’antica linea coloniale che trasportava banane e caffè, e portare uno spettacolo itinerante di musica, numeri circensi e allegria in tanti piccoli paesi controllati dallo stato corrotto, dalla guerriglia o dal cartello dei narcos. Il tutto ovviamente gratis, con le spese a carico degli sponsor che accetteranno di sostenerli, e della Mano Negra.

Capito la follia? Considerate che stiamo parlando di un gruppo all’epoca fra i più famosi d’Europa, che con il precedente album, King Of Bongo, ha inanellato critiche entusiaste e vendite insospettabili.

Il piano inizia a prendere vita, Manu trascorre quasi un anno facendo spola fra Parigi e Bogotà per mettere a punto la spedizione. La ferrovia colombiana mette a disposizione della band un deposito per lavorare alla ristrutturazione di un treno dismesso, oltre a chi, fra il personale ferroviario, se la sente di offrire la propria mano d’opera.

Lentamente, fra intoppi burocratici, ritardi e problemi vari, il progetto si concretizza. L’organizzazione richiede un anno intero.

Solo per mettere in ordine i vagoni del treno che trasporterà musicisti, saltimbanchi, trapezisti, mangiafuoco, burattinai e tutti gli artisti che hanno scelto di prendere parte a quella stramba avventura, ci vogliono otto mesi di lavoro. Lavoro duro. Sì perché si tratta di una vera e propria casa viaggiante su rotaia, con tanto di vagone del fuoco che entra in fiamme nelle stazioni, vagone delle comunicazioni per rimanere in contatto radiofonico con Francia e Colombia, vagone del ghiaccio – dove una macchina da vita a un enorme forma di ghiaccio che viene sciolta dalla lingua di fuoco di un’iguana meccanica costruita con materiali di recupero per la gioia dei bambini. Senza scordare il vagone dei tatuaggi e quello adibito a palco per esibirsi lungo la marcia.

In tutto le carrozze sono 21 e, fra tecnici, operai e artisti, vi viaggiano circa 100 persone di varie nazionalità

Il treno, ribattezzato l’expreso del hielo, in onore dello scrittore Gabriel Garcia Marquez, procederà a una media di 20 chilometri all’ora per circa duemila chilometri.

Con la spedizione si imbarca anche Ramon Chao – scrittore, giornalista, autore di libri e responsabile delle trasmissione in spagnolo di Radio France, nonché padre di Manu Chao – che alla fine del lungo tour documenterà l’impresa nel libro Un train de glace et de feu.

Il giro incomincia, ovunque la carovana è accolta da gioia ed entusiasmo, anche se i problemi non mancano: incidenti, mancati finanziamenti, perquisizioni della guerriglia delle FARC, dell’esercito, dei gruppi para-militari foraggiati dai cartelli della droga, il tutto senza sapere se il giorno dopo ci sarà un altro concerto o qualche situazione d’emergenza costringerà tutti a tornare a casa.

La cosa più difficile da spiegare alle varie istituzioni, legali e non, che a turno presiedono la parte interna della Colombia è il perché un gruppo rock francese di buona fama si sia imbarcato in tutto questo, senza guadagnare un dollaro.

Non mancano momenti di tensione, controlli al limite della legalità e paura. D’altronde si sta viaggiando con un treno scassato nella selvaggia Colombia, un far west fuori tempo massimo, fra i territori allora più pericolosi del mondo.

Il 18 novembre del 1993 la carovana arriva a Santa Marta. La Mano è stanca, sono in Colombia da quasi un mese e lo stress inizia a farsi sentire. Jo, il bassista, si è rotto un piede e i promessi sponsor per continuare il tour stanno facendo un passo indietro. Senza considerare che i controlli dei militari a ogni tappa si fanno più insistenti e fastidiosi.

A peggiorare le cose, durante la seconda data a Santa Marta, ci si mette il governatore della città, non esattamente l’idolo dei cittadini. L’uomo pretende di salire sul palco per un breve saluto al pubblico e Manu e i suoi, per evitare ulteriori problemi, sono costretti ad acconsentire. Ma scendere a patti con il potere non è nel nda di Manu Chao e scatta la contromossa. Appena la band inizia a suonare il musicista franco-spagnolo intona el pueblo unido jamas sera vencido, frase simbolo della ribellione in tutto il Sud-America, dal Cile all’Argentina senza dimenticare, ovviamente, la Colombia.

Una follia in un paese in guerra, una follia non senza conseguenze: il giorno dopo quattro membri della Mano Negra lasciano la Colombia per fare ritorno in Francia. Troppo pericoloso restare lì ancora. Quello di Santa Marta sarà l’ultimo concerto della band francese.

Manu invece resta, nonostante la mancanza di sponsor, nonostante le minacce, la paura e i disagi continui. È troppo bello vedere vecchi e bambini poveri che danzano scoprendo sorrisi sdentati al suono delle sue canzoni. E si andrà avanti ancora per settimane finché, ormai a corto di fondi e con il treno ormai a pezzi, la carovana terminerà il suo viaggio.

Manu non ha guadagnato niente da quel viaggio e la sua band è ormai prossima allo scioglimento, che avverrà dopo qualche mese. Eppure quell’esperienza, quei visi segnati dalla vita e dalla povertà, le tante perle di saggezza e verità raccolte lungo il cammino, germoglieranno nella sua mente e faranno un giardino. Un giardino composto di suoni, racconti, abbozzi di idee, frammenti di storie uniche e irripetibili che confluiranno in uno dei dischi più importanti e significativi degli anni novanta: Clandestino.

Molti anni dopo una ragazza di Barcellona partirà per la Colombia, ripercorrendo nel suo viaggio tutto l’itinerario che tanti anni prima percorse la carovana. Con se porterà diverse copie del libro di Ramon Chao da regalare ai tanti campesinos che avevano assistito ai concerti della Mano Negra. Con sorpresa prenderà atto che tutti ricordavano con gioia quell’esperienza, accettando il libro con rispetto e gratitudine. D’altronde quella era la loro storia, la storia di un treno magico che per un po’ di tempo portò follia e libertà d’espressione nel far west del mondo.

è uscita l’edizione economica di Sulla Strada con Don Gallo (libro+dvd)

Torna in libreria da giovedì 23 marzo, in edizione economica, con una nuova copertina e una rinnovata veste grafica, Sulla Strada con Don Gallo, il libro (con il dvd) di Federico Traversa pubblicato dalla casa editrice genovese Chinaski Edizioni (128 pagine, 13 euro), che racconta l’esperienza vissuta dall’autore accanto al prete da marciapiede, scomparso nel maggio di quattro anni fa.
Un racconto di prima mano dei sette anni di viaggio lungo l’Italia fatto da Traversa insieme a don Andrea, fra i primi a tendere la mano all’autore quando ancora lavorava in nero per 600 Euro al mese. La storia di un’amicizia speciale, nata su suggerimento di Manu Chao, e che prima di questo libro ha portato alla nascita di altri due volumi di successo.
Sulla Strada con Don Gallo, però, a differenza dei suoi predecessori, è un racconto molto più intimo e per forza di cose molto più profondo del sacerdote genovese: una storia fatta di tante voci, come tanti sono stati i personaggi famosi e gli amici che hanno accompagnato il Gallo e Federico in questo giro d’Italia lungo sette anni, fatto di presentazioni, incontri e battaglie.
E così, fra le pagine del libro, compaiono non solo artisti e personalità del calibro di Moni Ovadia, Roy Paci, Dario Fo, Beppe Grillo e Vittorio Sgarbi, ma c’è spazio anche per una galleria di persone normali ma allo stesso tempo assai speciali, come autisti buddhisti, funzionari della digos che partecipano alle presentazioni e ragazzi cosiddetti ultimi, alla ricerca di un riscatto sociale.
Insieme al libro c’è anche il dvd intitolato In Viaggio Con Don Gallo, un docufilm realizzato grazie a un’accuratissima selezione di immagini tratte da comizi, viaggi, interviste, incontri pubblici e privati del sacerdote genovese. Un ritratto vivo e di grande impatto, arricchito dagli interventi e dai contributi di Roy Paci, Piero Pelù, Moni Ovadia, Dario Fo e di tanti amici che nel tempo hanno camminato con il Don. Il dvd contiene anche il video della canzone inedita scritta e interpretata da Manu Chao e Tonino Carotone per gli ottant’anni del sacerdote.

Federico Traversa (Genova, 1975), partito dalla periferia di Genova con una storia difficile alle spalle, è riuscito in pochi anni a collaborare e scrivere libri di successo con molti rappresentanti noti della controcultura italiana, senza tralasciare mai, però, le tematiche a lui care legate a chi vive ai margini e non ha voce per poter far valere i propri diritti.
Ha esordito nel 2004 con il romanzo Il Contorno del Camaleonte, ma fra i suoi libri ricordiamo anche Il Maestro dell’Ora Brava (con il musicista basco Tonino Carotone), Io Cammino con Gli Ultimi (con don Andrea Gallo), E Io Continuo a Camminare con Gli Ultimi (ancora con don Andrea Gallo), e Boom Viaggio Nella Meditazione Trascendentale (con la collaborazione di David Lynch).

Uscirà il prossimo 9 febbraio “Bob Marley In This Life” ill monumentale libro di F.T.Sandman dedicato al re del reggae.

Uscirà il prossimo 9 febbraio “Bob Marley In This Life” ill monumentale libro di F.T.Sandman dedicato al re del reggae.
Attraverso la raccolta e traduzione di gran parte delle interviste rilasciate da Bob Marley nel corso della sua vita questo libro è una sorta di prima autobiografia della più grande star del Terzo Mondo. Bob ci parla del suo credo, delle sue convinzioni, del grande messaggio di pace e amore che ne ha fatto una delle poche autentiche leggende del ventesimo secolo. Ma ci racconta anche il lato più privato della sua vita, i ricordi d’infanzia, il forte legame con la terra, la musica e il calcio.
Nella seconda parte del libro è invece lo scrittore F.T.Sandman a parlare, tracciando le origini del culto Rastafari, la nascita della musica reggae, la controversa figura del Ras Tafari, Hailé Selassié, e le carriere dei tanti figli avuti da Bob Marley.
Con la collaborazione di Bunna (Africa Unite), Alberto Castelli, Bob Marley Magazine e il contributo di alcuni celebri musicisti (Alborosie, Manu Chao, Michael Franti, Piotta, David Rodigan e tanti altri) che svelano cosa abbia rappresentato l’artista giamaicano nella loro vita e nella loro musica.

Chi volesse una copia autografata dall’autore può scrivere una mail a info@chinaski-edizioni.com e gli spiegheremo come procedere.

Don Gallo nel nuovo libro di Federico Traversa

Il nuovo libro di Federico Traversa uscirà in anteprima per la Liguria in allegato al Secolo XIX il 27 maggio 2014. Nel resto d’Italia sarà invece fuori a settembre. Il prezzo sarà super politico: 7,90.

Si intitolerà “Camminare Domandando-Ultime Conversazioni con Don Gallo” e racconterà gli ultimi mesi di collaborazioni con Don Andrea prima della sua scomparsa.

Ci saranno interventi e storie raccontate anche da tanti amici e collaboratori del Gallo: Domenico Chionetti, Flavio Gaggero, Tonino Carotone, Manu Chao, e tanti altri.

Con parte dei diritti del libro manderemo in Nigeria a trovare moglie e figli che non vede da due anni, Victor Odhekhian. Victor lavorava nei pozzi petroliferi in Libia e, deposto Gheddafi, è stato insieme ad altri connazionali allontanato dal paese, tradotto nel deserto e picchiato, riportando danni permanenti agli occhi. Arrivato in Italia come profugo sta cercando di rifarsi una vita. Il suo ritorno a casa verrà monitorato e raccontato sulla pagina facebook di Chinaski Edizioni.

Per ora questo è tutto.

Federico Traversa ricorda Don Gallo

Venerdì 28 marzo alle ore 21.00, Circolo Arci Barabini di Trasta (Genova).
Lo scrittore e responsabile editoriale di Chinaski Edizioni, Federico Traversa, presenterà il suo libro “Sulla Strada con Don Gallo”.Una serata per ricordare anni di viaggi e di esperienze toccanti accanto a Don Andrea.

Sulla Strada con Don Gallo Booktrailer

Il booktrailer di “Sulla Strada con Don Gallo” di Federico Traversa, Chinaski Edizioni.
http://www.ibs.it/code/9788889966938/traversa-federico/sulla-strada-con-don.html
http://www.youtube.com/watch?v=_IfOmjZvypY